Novembre e dicembre per il ciclismo sono da sempre i mesi del bilancio e della programmazione. L’inverno è il momento in cui si costruisce il futuro ma anche in cui si celebra l’anno sportivo che ci si lascia alle spalle richiamando alla memoria risultati, imprese e immagini emozionanti: l’impresa olimpica del quartetto, i titoli mondiali di Ganna, Balsamo e Baroncini; la maschera di polvere e fango di un felice Colbrelli a Roubaix, sono solo alcuni esempi. Immagini di vittorie e di imprese emozionanti che, come succede da sempre, - e ancor più in un anno olimpico - fanno da volano al movimento e invogliano i più giovani a praticare ciclismo.
In contrapposizione a tutto ciò ci ha colpito l’articolo pubblicato in questi giorni dal sito Blastingnews che, riprendendo quanto raccontato da una mamma alla giornalista Martina Riccò, pone l’accento sul tema della selezione che – in alcune realtà - avverrebbe già nelle categorie giovanili, impedendo così di fatto a giovani ragazzi e ragazze di coltivare i propri sogni ciclistici.
Nel lungo articolo si narra la vicenda di un ragazzo adolescente che Barbara, la mamma, descrive «Più magro rispetto ai coetanei e timido» ma che ama la bicicletta da quando è piccolo («Aveva 7 anni, è stata una sua amica a farlo salire in sella e da allora non è più sceso»); un ragazzo che non pensava di diventare campione ma – sempre usando le parole della mamma - «Quando arrivava al traguardo era una soddisfazione enorme ma quando non ci riusciva andava bene lo stesso».
Le cose cambiano nel momento in cui, come riporta Blastingnews: «la società per la quale il giovane correva ha deciso di interrompere la collaborazione con il corridore. La scelta è arrivata perché, a loro dire, il giovane "non è abbastanza bravo per continuare il percorso"». Motivazione alla quale la madre si oppone: «Non voglio fare polemica nei confronti della società, ma quello che è successo a mio figlio non è giusto… lo sport non è solo risultato, i giovani non devono pagare le scelte politiche e gestionale della società.
In conclusione Blastingnews fa riferimento alla risposta della Società (pubblicata sulla Gazzetta di Reggio) nella quale si legge: «Il ciclismo è uno sport difficile, selettivo... non è per tutti. Ci dispiace tantissimo per il ragazzo e la famiglia, ma purtroppo è così».
Ed ancora: «È normale per le società che organizzano attività agonistiche, di qualunque sport si tratti. Noi investiamo sui ragazzi, mettiamo in campo risorse e personale ma poi i risultati, quelli minimi almeno, devono esserci. Cambia molto, per noi, avere sette o dieci ragazzi in squadra ad esempio: purtroppo dobbiamo concentrarci su chi ha più prospettive».