La stagione agonistica si è appena conclusa e ancora una volta chiediamo ai lettori di esprimere il proprio voto per eleggere il miglior tecnico italiano della stagione. Insieme ad alcuni grandi saggi, abbiamo selezionato una rosa di sette tecnici per la votazione che si apre oggi, ad un mese dalla cerimonia di consegna, la Notte degli Oscar in programma il 26 novembre: potete votare sulla home page del sito, trovate il sondaggio nella parte di destra dello schermo, e avete a disposizione un voto al giorno. A partire lunedì 25, quindi, vi proporremo in rapida successione le interviste ai sette tecnici - in ordine alfabetico Baldato, Bramati, Missaglia, Pellizotti, Piva, Villa e Zanatta - per conoscere le loro valutazioni sulla stagione e aiutarvi nella scelta. I vostri voti verranno poi sommati a quelli di una giuria di esperti per arrivare all'assegnazione dell'Oscar tuttoBICI 2021. Oggi riflettori puntati su Franco Pellizotti.
Figlio di terre patrie del ciclismo come Veneto e Friuli, 44 anni il prossimo 15 gennaio, una carriera da corridore forte in salita, con 18 anni di professionismo pedalando per Alessio, Liquigas, Androni e Bahrain. Svariati piazzamenti al Giro d'Italia, tra classifica generale e vittorie di tappa, e titolo di Campione d'Italia nel 2012 in Valsugana. Negli ultimi anni in bici, Franco Pellizotti ha ritrovato un ex compagno di nome Vincenzo Nibali [QUI l'intervista allo Squalo al podcast BlaBlaBike] e l'ha aiutato a salire sul podio di Giro e Vuelta e a conquistare Lombardia e Sanremo. Nel 2019 ha lasciato i manubri ed è salito sulle ammiraglie, sempre della Bahrain, passando dalle denominazioni di Merida, McLaren e Victorious. Sotto quest'ultima nomenclatura, in un'annata che ha vissuto l'esplosione di fuoco delle maglie rosse (miglior team sia al Tour che alla Vuelta) Pellizotti è stato direttore sportivo, tra gli altri, dello splendido Damiano Caruso 2° al Giro (e di Gino Mäder, che qualcosa in quelle settimane ha combinato) e di Matej Mohoric vincitore di due tappe al Tour (un mese e mezzo dopo la rovinosa caduta alla Corsa Rosa) ma anche di Stephen Williams trionfatore della Cro Race, di Pello Bilbao vincitore di tappa al Tour of The Alps e di Mikel Landa sul podio della Tirreno-Adriatico.
Successi che gli sono valsi la nomination per gli Oscar TuttoBici 2021!
Permetta una battuta iniziale: Colbrelli ha vinto tante gare e lei non era direttore a nessuna di esse, che beffa!
«In effetti, se questi sono i risultati, è meglio che Sonny corra dove non ci sono io nei paraggi (ride, ndr)! Scherzi a parte, al Tour ci è andato molto vicino e sono molto contento per la sua stagione.»
Passando alle corse da lei dirette, qual è stata la più forte emozione provata quest'anno?
«Il secondo posto di Caruso al Giro: l'impresa sull'Alpe Motta e l'arrivo a Milano sono stati qualcosa di splendido per lui e per tutto ciò che come team abbiamo vissuto in quelle tre settimane. Uno come lui, che per una vita ha lavorato per i capitani e ora si è tolto un'enorme soddisfazione dimostrando il corridore che è. E ha avuto dei compagni bravissimi: Damiano era forte ma non era abituato all'idea di essere l'uomo classifica, lo è diventato dopo la caduta di Landa e la squadra l'ha supportato alla grande.»
A proposito di emozioni forti, questo è stato anche l'anno dell'irruzione della polizia nel vostro ritiro al Tour...
«Sì, una situazione surreale. Arrivata così di punto in bianco, lasciandoci tutti spiazzati. E tutt'oggi non sappiamo esattamente cosa sta succedendo, siamo in balìa delle notizie. Ne parliamo nelle nostre conference call e il management conferma che non si sa ancora niente. Stiamo aspettando di capire come andrà avanti questa situazione.»
Torniamo ai momenti belli: al di là dell'esaltante Caruso, qual è stato il risultato magari più inatteso e per questo soddisfacente?
«Il successo di Williams in Croazia. Un giovane con alle spalle due anni in cui ha potuto correre poco e niente, forse 5-6 corse. Gli abbiamo prolungato comunque il contratto perché credevamo in lui, siamo riusciti a ritrovarlo piano piano, gli abbiamo dato le giuste possibilità ed è stato fantastico alla fine vederlo così felice. Ok veder vincere i Caruso e i Colbrelli, ma assistere alla vittoria di un 25enne che prima pensava di aver finito anzitempo la carriera è stata davvero una gran soddisfazione.»
Altro giovane di bellissime speranze è Mäder, vincitore con lei della tappa di Ascoli Piceno al Giro...
«Gino era davvero un gran corridore a livello giovanile e sta confermando tutto quanto. Si trova bene con noi, sta ottenendo risultati importanti che gli hanno fatto acquisire consapevolezza dei suoi mezzi fisici e mentali, e nei prossimi anni ci darà belle soddisfazioni.»
Ecco, guardando il vostro organico colpisce la sapiente alternanza e commistione tra corridori esperti e giovani. Quali sono i fattori più rilevanti nella costruzione della squadra?
«La Bahrain è nata appena cinque anni fa e iniziare da zero è sempre difficile: devi affrontare tante spese che non ti permettono di ingaggiare corridori di nome. Innanzitutto vogliamo avere un roster giusto ed equilibrato su tutti i settori. Anche se ora come ora siamo leggermente sbilanciati sulle corse a tappe: come velocista abbiamo ad esempio Bauhaus che è forte, ma non è uno che fa incetta di vittorie da solo. Questo però è dovuto anche a un fatto più generale: non c'interessa avere in roster il fuoriclasse che ti vince dieci corse, preferiamo bensì avere tutti ottimi corridori disposti a mettersi ciascuno al servizio degli altri. E questa è la nostra vera forza, che ci porta a ottenere risultati con tanti uomini diversi. Abbiamo dei "vecchi" che sono bravi maestri per i giovani: lo stesso Mohoric, lo stesso Caruso, non hanno problemi a mettersi a disposizione del 21-22enne se in quel momento va forte. E nel farlo gli insegnano a fare il professionista con passione e dedizione.»
E per svolgere un grande lavoro sulla strada, ci vorrà una struttura solida a monte...
«Lo staff. Se è forte e affiatato, il corridore riesce a dare il massimo e oltre. Lo staff è quel collante che permette di correre sereni, pensando al 110% al lavoro che stanno facendo e non ad altro. Come dicevo prima, siamo una grande squadra sotto tutti i punti di vista. Non abbiamo il budget per avere un Pogacar, ma a una UAE Emirates se togli lui resta relativamente poco come risultati. Anche se poi loro hanno un budget talmente elevato che stanno allestendo un organico veramente forte attorno a questo fenomeno. Mettiamola così: noi siamo come l'Atalanta, che non ha il Cristiano Ronaldo ma ha 20 giocatori che danno anima e corpo per mettere la palla in gol. Che la metta il difensore o l'attaccante, per noi è indifferente. L'importante è dare il massimo e i ragazzi lo sanno.»
Ma ora che siete reduci da un'annata così soddisfacente, non avvertite la necessità di uno "step definitivo"?
«I top team hanno la fortuna e soprattutto la bravura di trovare i fenomeni, crescerli e tenerli in squadra. Ricordo nei miei ultimi anni da corridore, per dire, la Jumbo Visma che prese Roglic dalla Adria, credette in lui e si è ritrovata il campionissimo che è. Ma va detto anche che le annate possono girare. Noi non possiamo permetterci i fenomeni o i campioni già affermati, anche perché ormai si stanno facendo contratti sempre più "calcistici": lavoriamo molto bene e ci piace pescare i giovani e migliorare insieme anno dopo anno. E chissà mai che, così come due anni fa Bernal sembrava inavvicinabile e invece sono arrivati i due sloveni, la prossima volta non ci ritroviamo qui a parlare di un già citato Mäder o di un Jack Haig che vince un Tour (lo svizzero e Haig sono arrivati rispettivamente 5° e 3° alla Vuelta con Stangelj e Stephens direttori, ndr). Per rispondere in definitiva alla tua domanda: andiamo avanti coi nostri metodi che ci stanno dando bellissimi risultati da tanti corridori. E magari il Pogacar o il Roglic della situazione in futuro ce lo troveremo in casa.»
Atalanta, contratti calcistici... Ci sta dicendo che il mondo della bici e quello del pallone hanno delle affinità?
«Sono un appassionato di calcio. Anche se sono due sport differenti, uno di squadra e l'altro individuale, vi dirò che anzi la squadra è più fondamentale nel ciclismo che nel calcio: un Colbrelli che vince la Roubaix finisce sui giornali, in televisione, si parla di lui ecc ecc. Ma dietro di lui ci sono dei compagni essenziali per portarlo a giocarsi la vittoria finale.»
Prima di chiudere, un saltino nel suo passato da corridore: Vincenzo Nibali non è più un uomo Bahrain ma è un gran ciclista italiano e lei l'ha vissuto molto da vicino in carriera, che ci dice di lui?
«L'ho visto crescere e ho assistito all'evolversi in un campione, e lo reputo tuttora uno da non sottovalutare. Come giusto che sia, tutto ha un inizio e una fine e oggi c'è l'ondata dei nuovi giovani, tuttavia conoscendo l'orgoglio e il "motore" di Vincenzo, può togliersi ancora delle soddisfazioni. E vedere un corridore del suo calibro, abituato a vincere Giro, Tour e Vuelta e ad essere protagonista a Olimpiadi e Mondiali, emozionarsi nel vincere un Giro di Sicilia, è il bello di questo sport e di campioni veri come lui che riescono sempre a emozionare ed emozionarsi.»
Il gran finale di questa intervista: Franco Pellizotti, qual è la sua principale qualità come diesse?
«Non devo essere io a dirlo, ma le persone con cui lavoro. Personalmente mi piace imparare qualcosa da tutti e cerco di mettere nel mio lavoro ciò che ho imparato, durante gli anni da corridore, dai numerosi direttori che ho avuto, dai più validi a quelli che possono sembrare meno bravi. Tra i validi peraltro è incluso Stefano Zanatta, che ebbi in Liquigas e che oggi, da diesse della Eolo Kometa, è anch'egli presente nell'elenco dei candidati agli Oscar TuttoBici. Inoltre provo a mettermi dalla parte dei corridori: ripenso a quando correvo io e cerco di ricordarmi e capire quali comportamenti, comunicazioni e approcci preferissi da parte dei miei direttori. Ultimo ma non meno importante, non solo mi piace insegnare ai ragazzi ciò che ho imparato, ma anche tenere con loro un rapporto che vada un po' oltre il semplice diesse-corridore. Per loro il ciclismo è passione e lavoro, ma c'è anche altro nelle loro vite, ed è sia bello che utile ascoltarli e parlare con loro: sono esseri umani con una casa e una famiglia, e non è mica detto che se sei al 100% fisicamente fai per forza un risultato, se magari mentalmente non stai benissimo in quel momento. La testa spesso è più importante dello stato di forma, e per me è importante capire se i miei ragazzi stanno bene da quel punto di vista. Puoi essere al 90% fisicamente e al 110% mentalmente, e trovare così l'equilibrio giusto per vincere la corsa. Mentre se stai benissimo fisicamente ma non ci sei di testa, niente non ci siamo. Quindi sì, mi piace ascoltare i ragazzi e poterli aiutare non solo dentro il ciclismo ma anche fuori. Il rapporto umano prima di tutto, quello lavorativo viene di conseguenza.»
Da questa risposta si evince che lei ha letto il nostro sito in questi giorni e ha "studiato" la lista di voi magnifici 7...
«Dirò di più: ho pure votato il sondaggio. E il mio voto è andato a... Marco Villa! È giusto che vinca lui il premio a mani basse. Da giovane direttore sportivo, capisco bene tutto ciò che ha fatto e come l'ha fatto. Le sue recenti conquiste olimpiche e mondiali arrivano da molto lontano, per arrivare fin qui ha dovuto lavorare tanto e con tante difficoltà. Oltretutto il corridore più giovane della mia squadra, Jonathan Milan, lavora con lui e ne siamo contentissimi. Sono convinto che Milan porterà a casa tante altre medaglie negli anni a venire.»