Non si diventa campioni olimpici per caso. Serve il talento e i nostri ieri ne hanno mostrato in abbondanza, ma serve soprattutto dedizione, sacrificio e costanza. Il giorno dopo aver conquistato la medaglia d'oro nell'inseguimento a squadre, Filippo Ganna, Simone Consonni, Francesco Lamon e Jonathan Milan sono di nuovo in pista, e non è un modo di dire. Ce li aspettavamo ancora a letto dopo i bagordi dei meritati festeggiamenti, con i capelli rasati o chissà di quale colore, invece eccoli professionali e con le facce pulite di sempre.
Quando verso le 12.00 (ora giapponese) entriamo nel velodromo di Izu scorgiamo Pippo nostro sui rulli, Simone che gira in pista con Vittoria Guazzini, Jonny e Lemon al box con il body da ciclista. Ma non dovevano festeggiare fino a notte fonda? «Dopodomani io devo correre la madison» sorride Consonni. Lo sappiamo Simo, ma noi riusciamo ancora a stupirci. Gli altri componenti del trenino d'oro no, ma oggi per sciogliere i muscoli dalle fatiche olimpiche sono venuti e tornati in bici dal villaggio che si trova a circa 30 km dal velodromo che li ha consegnati alla gloria e sul quale oggi si sono goduti qualche giro senza il pubblico e il clamore che è piovuto loro addosso, senza travolgerli.
Al loro fianco, come sempre, c'è l'ammiraglio Marco Villa che meriterebbe anche lui una medaglia. Anzi 4, come quelle che i suoi ragazzi d'oro gli hanno messo al collo, per una foto ricordo da incorniciare. Quel Marco Villa che ieri, a poco dalla finale, postava il video degli juniores che si allenavano a Montichiari con Stefano Moro e altri del gruppo Chi non sopporta Villa in ottica Parigi2024.
Nel momento più bello, ieri il CT della pista ha avanzato una richiesta semplice. «Spero che il trionfo sia uno spot: praticare ciclismo, pure su pista, è bellissimo. Certo, ci vogliono strutture e investimenti. Ma un oro olimpico serve anche a questo». A poche ore da queste parole tutto il gruppo è di nuovo al lavoro: oggi in gara c'è Elia Viviani che punterà a riconfermarsi re dell'Omnium. Sugli spalti a tifarlo ci saranno i compagni che sono cresciuti nella sua scia e ora, come lui, possono dire di essere campioni olimpici.