E’ il decano della carovana rosa. Angelo Morlin, trevigiano di Vedelago, è nato il 2 agosto 1947 e sta seguendo il suo 44° Giro d’Italia: un record. Da qualche anno si occupa degli impianti elettrici della sala stampa, e non solo, ma nella sua lunghissima militanza come collaboratore della Rcs Sport - che organizza le principali corse ciclistiche italiana, fra cui il Giro - Morlin ha fatto un po’ di tutto. «Anche l’autista dello storico patron Vincenzo Torriani - ricorda -, un personaggio unico, gentile, una bravissima persona che aveva un carisma senza uguali. "Il Giro non parte senza Morlin", diceva spesso». La passione di Morlin per il ciclismo gli deriva dalla mamma, signora Assunta, che faceva la contadina insieme al marito e andava velocissima con la sua bici sulle strade di campagna.
«Ancora quando aveva 70 anni mia madre non la superava nessuno, spesso nemmeno gli uomini. Lavorava nei campi con papà, frumento, mais, fieno per gli animali. A Vedelago avevamo 15 vacche da latte, un cavallo, due trattori...». Sulla scia della mamma il giovane Angelo si diede al ciclismo agonistico, allievo con la Giorgione Coppo di Castelfranco Veneto, e corse fino al primo anno da dilettante. «Ma andavo piano e avevo un po’ paura, mi piacevano solo le cronometro, che erano meno pericolose». Finita la carriera di corridore continuò però come amatore con l’Udace fino a 32 anni.
«Dopo essere andato a scuola fino alla terza avviamento professionale, avevo frequentato i corsi serali di elettrotecnica e già a 16 anni andai a lavorare», in una ditta, le officine Sartor di Istrana, provincia di Treviso, dove Morlin faceva un po’ di tutto, meccanica, elettricità, trasporti. A 23 anni il matrimonio con Milena, che faceva la bidella: «Ci eravamo conosciuti grazie al ciclismo, a una corsa vicino a Breganze, lei abitava lì vicino». Poi è nato Luca, il loro figliolo. «Ma non era portato per la bici. Qualche volta uscivamo a pedalare insieme, ma lo staccavo sempre. Non faceva per lui».
Adesso Morlin abita a Limito di Pioltello, vicino a Linate, e risponde sempre "presente!" alle chiamate della Rcs Sport, per la quale lavora dal 1978. «Il tramite fu un autista del Comune di Milano che seguiva il Giro d’Italia - ricorda Angelo -. Io lavoravo in Ferrovia dal 1970, mi occupavo sempre di impianti elettrici, e facevo anche lavoretti qua e là sempre come elettricista. Così conobbi quell’autista. "Mi piacerebbe fare il Giro come te" gli dissi. Lui lo chiese a Torriani. Pochi giorni prima del Giro, quando un collaboratore si ammalò, mi chiesero di sostituirlo».
Era il 62° Giro d’Italia, partenza da Firenze e vittoria finale del belga Johan De Muynck. L’avventura rosa di Morlin era cominciata. «Gestivo la segreteria del Giro, ero già sposato ma mia moglie non protestò. Da quel giorno li ho fatti tutti, ma proprio tutti, i Giri d’Italia, più nove Mondiali, più tutte le corse della Gazzetta, dalla Sanremo al Lombardia, dalla Tirreno allE classiche minori». Allora non c’erano i computer portatili, il wifi, internet o altre diavoleria elettroniche. «I giornalisti usavano la "lettera 32" e noi usavamo i ciclostili. Facevo un po’ di tutto, dall’autista al fattorino. Poi con le nuove tecnologie mi specializzai degli impianti elettrici in sala stampa, dei fax, delle fotocopiatrici, delle tv, dei collegamenti...».
Tanti gli episodi, a volte anche drammatici, nella sua carriera al Giro. «Mi ricordo un traguardo a Matera, che quasi fu spazzato via da un nubifragio. Il rettilineo d’arrivo era diventato un torrente in piena. Pauroso!». Indimenticabili anche certi personaggi. «Mi piaceva molto Bernard Hinault - il fuoriclasse francese vincitore di 5 Tour de France e dei Giri d’Italia 1980, 1982 e 1985 -. Era cattivo in corsa, ma buonissimo fuori, spesso si sedeva con noi a parlare, ci trattava benissimo, un signore».
Come Miguel Indurain. «Un giorno osai chiedergli il favore di tenere il mio nipotino sulla bici. Aveva solo tre anni e lui dopo l’arrivo a Palazzolo sull’Oglio, era il 1992, lo tenne sul tubo della bici per mezz’ora. Ancora oggi mio nipote ha quella foto appesa in camera». Morlin era molto amico di Giovanni Battaglin, veneto come lui. «Un po’ introverso, sempre molto concentrato sulla corsa, ma con me parlava volentieri, anche a fine carriera». Nitido anche il ricordo di Marco Pantani. «Un campione taciturno, sembrava quasi timido, anche con noi».
Ma soprattutto Morlin è sempre stato un punto di riferimento imprescindibile per la sala stampa e per i giornalisti. «Ricordo Rino Negri, un grande. E poi due fratelli giornalisti di Torino, i più simpatici della carovana rosa, che un giorno in Piemonte mi fecero anche un regalo in sala stampa per ringraziarmi del mio lavoro: una maglia rosa personalizzata con il mio nome».
Ancora adesso Angelo Morlin, a quasi 74 anni, è sempre il primo ad arrivare al quartier generale di arrivo del Giro, la mattina presto, e l’ultimo ad andarsene, ormai a sera inoltrata, spesso viaggiando nella notte per raggiungere l’hotel dove dorme sempre pochissimo. Un lavoro oscuro, duro ma preziosissimo, per il quale 20 anni fa esatti - alla Grande Partenza del Giro da Montesilvano, vicino a Pescara - l’allora patron Carmine Castellano lo insignì di una medaglia d’oro al merito sportivo.
«Temo che questo sia il mio ultimo Giro d’Italia, perché sono vecchio e il prossimo anno potrebbero lasciarmi a casa. Io però vorrei continuare e se mi chiameranno anche nel 2022...». Morlin, l’Angelo del Giro d’Italia, Maglia Rosa dietro le quinte, non vuole ancora togliersi il numero dalla schiena. E la sala stampa del Giro d’Italia non sarebbe la stessa senza di lui...
da La Stampa