Viene da tre anni bui e sogna di rivestirsi di giallo, ma non fateglielo dire. Fabio Aru nel 2017 ha provato l'ebbrezza di indossare la maglia di leader del Tour de France ma alla vigilia della Grande Boucle 2020 non vuole fare programmi, né promesse o pronostici, anche se sulla carta è un Tour che dovrebbe piacergli, con tanta salita e poca pronometro.
«Le parole non servono a cancellare due anni e mezzo di bocconi amari, devo dimostrare sulla strada quanto valgo, è solo quella che dà risposte. Io ci ho sempre messo tanto impegno, più che dare il massimo non posso fare e se vivo una giornata storta non crolla il mondo. Nelle prime corse della ripartenza ho avuto buonissime sensazioni e ho sempre lottato con i primi 10, anche se ero lontano dal top della forma e tanti colleghi sono ripartiti già con una condizione super. Ho vissuto una giornataccia al Lombardia, ma per il resto ho portato a casa buoni piazzamenti che mi fanno ben sperare. Arrivo a questo Tour dopo tanto lavoro, qualche buona prestazione e un buon recupero al Sestriere (ha trascorso in altura una decina di giorni, saltando Giro dell'Emilia e Campionato Italiano, ndr). Spero di essere pronto per dare il meglio di me stesso in una corsa che, è opinione comune, è la più difficile e complicata di tutte» racconta il 30enne sardo alla vigilia del via da Nizza.
Questa volta la Grande Boucle sarà diversa, per mille e più motivi. Per la prima volta nella storia non si corre a luglio ma a fine agosto e i corridori ci arrivano con una manciata di corse nelle gambe, non dopo mesi di sfide in giro per il mondo. Sul gruppo pende la spada di Damocle del Covid-19, la salita più dura da superare per raggiungere Parigi tra tre settimane. «Non sono preoccupato, mi sembra che si stia facendo tutto il possibile per fare le cose con criterio e in assoluta sicurezza. I team sono attrezzati da tempo, gli organizzatori non sono da meno. Noi viviamo in una “bolla” di ferro. Le regole sono ferree e nessuno al di fuori del personale autorizzato ci potrà avvicinare. Rispetto alle edizioni passate non potrò avere vicino la mia famiglia in occasione dei giorni di riposo, ma compenseremo con 2-3 videochiamate al giorno. Che suovenir porterò a casa a Valentina e alla piccola Ginevra? Non lo so, il leoncino di peluche lo abbiamo già. Come ho detto, vedremo quale sarà il verdetto della strada».
Nella UAE Emirates c'è un giovane talento che scalpita, quel Tadej Pogacar che al debutto può giustamente ambire alle posizioni di testa della classifica finale. «La prima settimana è già durissima, sarà un Tour particolarmente tosto, la fatica da affrontare sarà tanta. Non mancheranno le sorprese. Bernal l'ha già vinto e può contare su una squadra che ne ha collezionati tanti, Roglic con Dumoulin è un cliente molto scomodo, ma non sarà il solo. Tadej è molto forte, è al suo primo Tour ma ha dimostrato al Delfinato che non è la mancanza di esperienza a fermarlo, in più io e altri compagni potremo dargli consigli validi e l'aiuto necessario per puntare in alto. Se dovrò mettermi al suo servizio lo farò, come ho sempre fatto, insieme sono fiducioso ci toglieremo delle belle soddisfazioni».
Fabio si dice curioso di vedere a che punto è, ripete che vivrà alla giornata, concentrato e fiero. Sarà un Tour spettacolare, il primo grande giro di questa stagione atipica e compressa in soli tre mesi. «Con la squadra abbiamo effettuato la ricognizione di più tappe, la 17esima con il Col de la Loze è particolarmente impegnativa, ma già da questo week end ci sarà da divertirsi. Non voglio fare proclami, ma mi aspetto di non dover aspettare, di non restare indietro, di stare nel vivo della corsa, dove sono stato abituato a stare. Sarò sereno se resto nel vivo del gioco, se lotto senza dover soffrire, se torno ad essere Fabio Aru: posso anche perdere, ma voglio lottare».
Buon Tour Cavaliere dei Quattro Mori, l'Italia è con te.