In questa tribolata e sfortunata stagione ciclistica 2020, e che deve ancora iniziare in verità dopo le pochissime gare d’inizio anno, le incertezze e i timori vari derivanti dalle misure anti-covid da porre in atto, iniziando dal contrastato e forzatamente rivoluzionato calendario, sono molti – purtroppo – i motivi che danno adito a preoccupazioni di vario genere fra le varie componenti il movimento ed enti e realtà territoriali che interagiscono con l’organizzazione complessa di un evento di tale portata e diffusione internazionale quale il “monumento” Giro di Lombardia.
Ieri, 23 luglio, alla presentazione specifica che fa riferimento al territorio comasco della grande classica, connotata da sempre dall’appellativo di “classicissima di chiusura” e che quest’anno è in calendario per sabato 15 agosto, festività di ferragosto, in un luogo iconico per il Giro di Lombardia e per tutto il ciclismo internazionale, quale il Ghisallo. Il colle, con la sua chiesa e il più recente, prezioso, Museo del Ciclismo voluto da Fiorenzo Magni, la fiducia che “andrà tutto bene”, slogan declinato in ogni accezione, che ci ha accompagnato negli ultimi mesi, era avvertibile e quasi tangibile.
La chiesetta con la Madonna patrona dei ciclisti, del resto, è proprio attaccata al moderno museo e può infondere fiducia magari.
L’edizione 2020 del Giro di Lombardia era già stata proposta nella presentazione generale della scorsa settimana a Bergamo, sede di partenza, e sono pertanto già state rese note tutte le informazioni relative.
Per la parte centrale attorno al Lario, dapprima in provincia di Lecco e poi lo straordinario, spettacolare, finale in provincia di Como, depone in favore di un rinnovato successo l’esperienza sempre positiva in grado elevato di oramai molte edizioni, sia per gli aspetti tecnici propri della gara, sia per il rilievo diffusionale delle immagini televisive di panorami mozzafiato, in tutti i continenti, posta in campo da tutti gli enti pubblici che garantiscono fattivo apporto all’Associazione CentoCantù del volitivo e trascinante presidente Paolo Frigerio, sempre in prima fila con i suoi validi collaboratori, referenti per l’arrivo a Como dell’organizzazione centrale di RCS Sport.
Coordinati da Carola Gentilini, direttrice de Museo, carica che torna a ricoprire a tempo pieno dopo l’esperienza quale assessore nella giunta di Como, un “ritorno” salutato con trasparente entusiasmo dal presidente del Museo, Antonio Molteni, sono seguiti gli interventi dei relatori. Stefano Allocchio, direttore di corsa, ha puntualizzato diversi risvolti propri di questa “special edition” e quindi, Antonio Rossi, medaglia d’oro alle Olimpiadi, attuale sottosegretario Regione Lombardia con delega ai grandi eventi sportivi, appassionato e impegnato ciclista amatoriale, lecchese e pertanto in costante diatriba dialettica, bonaria – anche ciclistica - con i comaschi, è stato poi seguito da Marco Galli, assessore sport comune di Como e da Paolo Frigerio. La tradizione del territorio era rappresentata da una gentile signora con il costume tipico di “Lucia”, di manzoniana memoria.
Gianni Torriani ha ricordato la figura del papà, il patron per definizione, molto legato al territorio del triangolo lariano con la proposta innovativa del notissimo Muro di Sormano, oramai acquisito come punto fermo del tracciato mentre Antonio Molteni ha ringraziato Mirco Monti, ex commissario di lungo corso UCI ed animatore del G.S. Madonna del Ghisallo, unito a Museo da spirito di fattiva collaborazione.
Il presidente Molteni, nel suo intervento, ha ricordato anche dati confortanti dopo la recente riapertura del Museo con crescente numero di visitatori, molti dei quali sono stranieri, che hanno ripreso a frequentare il lago e salire al colle, sia in bici da corsa, sia in mountain bike.
E’ da leggere come un segnale importante anche per l’economia turistica locale per la quale il Giro di Lombardia certamente è destinato a fungere da moltiplicatore, a livello internazionale, con la sua unica valenza mediatica, aldilà di ogni calcolo di convenienza economica di giornata.
foto di Mauro Viotti