In questo terribile e disastroso anno 2020, pure dal punto di vista ciclistico, si può ricordare la ricorrenza, trent’anni fa, era il primo giorno del settembre 1990, e il bergamasco Mirco Gualdi fu l’autore di una straordinaria prestazione nella Terra del Sol Levante, a Utsonomiya, poco più a nord di Tokyo precisamente, quando rivestì l’iride della prova su strada dilettanti vincendo per distacco e precedendo un altro azzurro, il pugliese Roberto Caruso di 54” e il francese Jean-Philippe Dojwa medaglia di bronzo, a 58”. La squadra azzurra era guidata dal C.T. Giosuè Zenoni, bergamasco come Mirco Gualdi, preparato tecnico di precipuo valore umano, culturale e sportivo che ha poi operato a lungo anche nel professionismo, ancora a fianco di Gualdi nella Polti.
Abbiamo citato all’inizio questo “annus horribilis” e proprio il 7 marzo Mirco Gualdi ha perso il papà Angelo, uomo vigoroso e attivo, per le conseguenze della pandemia Covid 19 che ha duramente colpito il territorio delle valli bergamasche.
Era un papà assai appassionato di ciclismo che ha sempre seguito e sostenuto la carriera del figlio Mirco del quale era anche allenatore, con i colori della blasonata San Marco di Vertova, assistendo pure Alessandro Paganessi, Paolo Lanfranchi, Giuseppe Guerini, Paolo Savoldelli e vari altri “prodotti” di qualità passati per la società.
Mirco è nato ad Alzano Lombardo il 7 luglio 1968 per ragioni d’ospedale ma con base della famiglia a Leffe, in valle Seriana, poco più di venti chilometri a nord di Bergamo, dove vive tuttora la mamma. Mirco, dopo il matrimonio, risiede con la sua famiglia a Colzate, sempre in zona comunque. E’ fatta eccezione per i quattro anni – dal 1989 al 1992 – trascorsi in Veneto, a Castelfranco, quando ha vestito la maglia della Zalf Euromobil Fior ed era un inquilino della “caseta”, la storica (e l’aggettivo non è esagerato ciclisticamente parlando) foresteria degli atleti della formazione nella frazione di Salvarosa. Qui sono passati nel tempo, e permangono tuttora corridori di varie parti, molti fra i quali sono entrati nell’eccellenza assoluta del ciclismo pure di respiro internazionale. Fra i suoi successi fra i “puri”, oltre all’iride, si possono ricordare il Trofeo De Gasperi, il G.P. Industria e Commercio di San Vendemiano (2 volte) e l’omonimo di Carnago, e una tappa del Giro d’Italia dilettanti. Indossa in varie corse la maglia azzurra ed era in squadra alle Olimpiadi di Barcellona del 1992 quando trionfò l’indimenticabile Fabio Casartelli. Un periodo che ricorda sempre volentieri essendo rimasto molto legato alle varie persone nell’ambito della Zalf Euromobil Fior dei fratelli Lucchetta e di Egidio Fior.
Il passaggio fra i professionisti avviene nel 1993 con la Lampre, dove forse paga un po’ lo scotto della categoria superiore e rimane lì anche nel 1994. L’anno successivo, e per quattro stagioni, passa al Team Polti di Gianluigi Stanga, con decisa connotazione orobica per nascita e lingua di molti componenti, spendendosi con generosità nell’appoggio dei primattori della squadra nelle più importanti corse del calendario. E qui, nel 1997, coglie la soddisfazione di vincere una tappa del Giro d’Italia, la 17^ (in barba alla superstizione) che partiva da Dalmine, località attaccata a Bergamo e conclusione a Verona di km. 200 che precedeva nel finale diversi passaggi sulla salita delle Torricelle. Ha vinto al termine una fuga e prevalendo nell’ordine sui compagni d’avventura, Alessandro Pozzi di Busto Arsizio e il colombiano Gonzales.
Nel 1999 approda alla Mobilvetta Design di Stefano Giuliani affiancato, quale d.s., da Franco Chioccioli e qui rimane anche nel 2000, mettendosi in luce al Giro d’Italia, nel prologo a cronometro di Roma dopo la visita della carovana del Giro a Papa Giovanni Paolo II.
Il Giro 2000 parte il 13 maggio e il giorno 4 del medesimo mese un fiocco rosa ha allietato la sua casa con la moglie Maria, sposata nel 1993, che dà alla luce Letizia. E il fiocco rosa è legato al manubrio del corridore impegnato nei km. 4,600 della spettacolare corsa nel cuore della Città Eterna, come testimonia la foto regalatagli da Luca Bettini dopo 12 (dodici) anni di ricerche e battendo tutti i record in materia dell’amico Angelo Gaudenzi. Ottiene vari piazzamenti e sale sul terzo gradino del podio all’arrivo conclusivo di Milano, alle spalle di Mariano Piccoli e Giuseppe Calcaterra.
Dopo un canonico periodo di riposo riprende gli allenamenti ma, un giorno, un brutto, bruttissimo, giorno, a Leffe, vicino a casa, una vettura proveniente in senso contrario gli taglia strada. E Mirco vola, un gran volo, con trauma cranico e lo scafoide che si disintegra in otto pezzi. Il trauma cranico è presto recuperato. Di testa dura siamo noi bergamaschi, scherza, ricordando. Nonostante l’intervento chirurgico e varie terapie il polso recupera meno della metà della funzionalità normale, ancora adesso, e non riesce più a stringere il manubrio. E appende la bici al chiodo.
Suoi ex colleghi e amici, fra i quali Giuseppe Guerini e Giovanni Lombardi, corridori di primissimo piano, gli chiedono di assisterli quale procuratore. Nella sua scuderia arriva a contare una decina di corridori. Decide, però, di desistere non trovando sovente il “feeling” giusto con le specificità collegate al ruolo.
Entra fare parte della Commissione Tecnica del CCP-LCP (Consiglio o Lega del Ciclismo Professionistico, secondo l’epoca di riferimento) e uno fra i primi promotori della Promoeventisport, associazione bergamasca presieduta da Giovanni Bettineschi, per la promozione delle valli bergamasche, per lo sci, lo sport e soprattutto ciclismo.
E con pragmatismo tutto orobico decide di provare a fare altro, “a lavorare davvero” afferma. Dal 2003 al 2011 opera in ambito commerciale nel settore tessile (specificità della sua valle) curando progetti che lo portano a viaggiare in continuazione fra Australia, Nuova Zelanda, Africa, Penisola Arabica e vari paesi d’Europa.
Un ritorno al ciclismo, al settore produttivo, con un marchio di lunga storia come la Bianchi, nella sezione commerciale, nella “squadra” di Isaia Spinelli, lo vede nell’azienda di Treviglio dal 2011 al 2018.
Lo scorso anno, nel 2019, si cimenta con la sua esperienza nel settore in forte espansione delle bici elettriche, con la Brinke Bike, una start-up di Desenzano del Garda. E pazienza se è in provincia di Brescia, soggiunge sorridendo, da bergamasco.
Vive nella sua Colzate con la famiglia, la moglie Maria, masso-fisioterapista e operatrice olistica, Letizia – la figlia ora ventenne – che studia con profitto Management del Turismo, dello Sport e degli Eventi presso UniBZ, a Bolzano e l’altro figlio Leonardo, classe 2003, che frequenta il Liceo Sportivo ad Alzano Lombardo ma che, alle due ruote, ha preferito il calcio. Tutti però, in famiglia, nutrono particolare passione anche per lo sci.
I tratti gentili del volto – un poco più paffutello ora - e del carattere sono sempre quelli della sua gioventù ciclistica, impreziosita dall’iride della prima volta dei mondiali in Asia.
E anche quest’anno, portatore di drammatici lutti collettivi e personali, passerà e le ruote torneranno a girare nel senso giusto.