Da un folgorante stage con la Androni Giocattoli condito da una vittoria di tappa al Tour of China I 2016, Mattia De Marchi è passato da un piccolo assaggio al professionismo a diventare uno degli atleti di punta dell'Ultracycling, con le due perle della Ultracycling Dolomitica e ottime prestazioni in svariate altre gare estreme. Ci ha raccontato la sua visione della bici, il percorso intrapreso dopo l'abbandono dell'attività pro e le nuove passioni tra gravel e viaggi avventura.
Partiamo da tre anni fa, vittoria da stagista al Tour of China I poi il passaggio al Team Hrinkow con secondo posto nell'ultima gara, come riassumeresti questi due anni?
«Sono stati due anni ricchi di soddisfazioni e di delusioni, una clavicola spezzata, 30 giorni dopo la mia prima vittoria in una competizione internazionale, la chiamata inaspettata da parte dell’Androni per uno stage, il successo da stagista, la telefonata per un contratto mai arrivata, il pensiero di mollare tutto, una nuova avventura una squadra continental in Austria, un 2017 passato tra aerei, treni notturni per poter andare alle gare. Un mix di emozioni, gioie e momenti di sconforto, un sogno che non si sarà realizzato ma che mi ha dato modo di pianificarne un altro».
Dopo l'abbandono dell'attività professionistica quale percorso hai intrapreso?
«Dopo un periodo di riposo mentale e fisico ho trovato un lavoro, ho riordinato le idee ed ha cominciato a vagare dentro di me questa idea dell’Ultracycling, di questo mondo cosi affascinante. Ho iniziato a uscire a qualsiasi ora del giorno, scoprendo il fascino di pedalare di notte, a fare strade sempre diverse e li ho capito veramente quanto può esser davvero emozionante andare in bici».
Quando hai iniziato realmente con l'Ultracycling?
«Era da inizio 2018 che guardavo e seguivo questi eventi di Ultracycling, a meta giugno mi contatta Roberto Picco presidente di Ultracycling Italia e organizzatore della Dolomitica e mi chiede se mi va di partecipare. La mia risposta? Dammi qualche giorno per organizzarmi, chiamo tre amici per supportarmi durante il percorso e ci sono... non avevo idea di cosa mi aspettava!»
675 km, 16000 metri di dislivello, 16 passi dolomitici.
«È stata un'esperienza unica per me e per chi mi ha seguito. 30 ore di bici, una notte immerso nelle Dolomiti, crisi di fame e di sonno, ma lì ho capito dove può arrivare la testa»
Che progetti stai portando avanti?
«A fine 2018 ho cominciato a cercare qualcuno che credesse nel mio nuovo sogno. Ho scoperto il mondo del gravel e mi sto spostando sempre più nel mondo ADVENTURE cercando di trasmettere a chi mi segue quello che provo, far scoprire luoghi e ispirare sempre piu persone a viaggiare con o senza bici. Nel frattempo ho iniziato a collaborare con marchi del settore come 3tbike, Fizik, Scavezzon biciclette, Elite cycling proponendomi non solo come “atleta” ma soprattutto come un ragazzo che ama andare in bici e, perché no, anche come tester visto che quest’anno ho già percorso 40000 km».
Come ti vedi tra un paio d'anni?
«Mi vedo con la mia bici attrezzata come se fosse un camper a girare il mondo. Ma senza andare troppo in là, già dal prossimo anno parteciperò a alcuni eventi senza supporto in giro per il mondo, il primo sarà a febbraio in Marocco (Atlas Mountain Race) con 1300 km immersi nella catena montuosa dell’Atlante, poi sarò alla TRANS DOLOMITICS WAY con altri 1300 km nelle Dolomiti e alla TRANS CONTINETAL attraverso l’Europa. Il mio principale obbiettivo è quello di ispirare sempre piu persone a prendere la bici che sia per andare in viaggio, per andar a lavoro o la scampagnata al parco. In Italia, purtroppo, sta diventando sempre piu difficile e pericoloso. Spero vivamente questo migliori e si cominci a prendere spunto da alcuni paesi non troppo distanti da noi che incentivano l'uso della bicicletta».