Caro Direttore,
è indiscutibile che la SICUREZZA per gli amanti e praticanti di quello che un tempo era miticamente definito come "il cavallo d'acciaio" sia tema di stringente e drammatica attualità. E' sotto gli occhi di tutti, per chi voglia vedere e non solamente guardare, lo stillicidio di vittime che, pressochè quotidianamente, è conseguenza di una sorta di incompatibilità ambientale tra traffico automobilistico cresciuto a dismisura, un complesso viario per lo più inadeguato e a dir poco "malmesso", e i cosiddetti utenti deboli della strada come - da lungo tempo, non dimentichiamolo - sono, di fatto, i pedoni e, per quanto ci riguarda, i Ciclisti.
Ben vengano, dunque, tutte le iniziative volte a tentare di porre un argine, più o meno invalicabile, al... tiro al bersaglio di cui corre il rischio di essere oggetto chi, con questi chiari di luna, ha il coraggio di affrontare la strada in sella alla propria bicicletta. Oltremodo meritorio ed encomiabile quanto in materia sta facendo la Fondazione a nome dell'indimenticabile Michele Scarponi, così come l'opera disinteressata e determinata di tanti altri congiunti di ciclisti falciati per strada.
"Io non vado più in bici da tre anni perché mi sono stancato di litigare con gli automobilisti": potrebbe anche liquidarsi come frase espressiva di una scelta, ragionata o istintiva che dir si voglia, di un semplice e occasionale pedalatore che si è risolto ad abbandonare una... passioncella, in cambio della tranquillità. Se, invece, si considera che questa frase è stata testualmente pronunciata da un signore che di cognome fa BUGNO e di nome GIANNI, vincitore di qualche corsetta tra i professionisti tra cui, tanto per dire, due Campionati del Mondo su strada consecutivamente, ed attualmente Presidente del Sindacato Internazionale dei Ciclisti Professionisti, allora occorre prendere atto, senza se e senza ma, che qualcosa che non quadra effettivamente c'è!
Occorre però fare chiarezza: per esperienza, posso affermare con certezza che il concetto di SICUREZZA abbia contorni oltremodo soggettivi. Così come, tanto per fare un raffronto di non poco conto, il concetto stesso di GIUSTIZIA. Ciò che rappresenta per il cittadino automunito una forma, e al contempo un riconnesso precetto, "per" la SICUREZZA, ben può non esserlo per il ciclista. Anzi, nella gran parte dei casi certamente non lo è. Allo stesso modo, quella che per la vittima deve rappresentare l'auspicabile e doverosa espressione di GIUSTIZIA, ben diversamente è intesa e dovrebbe essere per chi quella vittima ha provocato con la propria condotta in violazione delle norme che regolamentano non solo la circolazione stradale ma anche il comune e consueto vivere sociale. Quel che è certo, senza tanti ragionamenti apparentemente contorti, è che nella questione che ci occupa SICUREZZA e GIUSTIZIA dovrebbero andare a braccetto. O, per usare una metafora Ciclistica, la GIUSTIZIA dovrebbe decisamente... tenere la ruota della SICUREZZA.
L'esperienza professionale acquisita sul campo mi induce ad affermare che, purtroppo, così non è. Benchè , a fronte di innovazioni legislative, particolarmente sotto il profilo sanzionatorio (si veda, tra l'altro, l'introduzione della fattispecie del cosiddetto omicidio stradale), vi sia ben poco da scherzare allorquando, al volante di un autoveicolo, si pongano in essere condotte in palese ancorchè colposa violazione del dettato normativo che regolamenta e tutela la SICUREZZA di tutti coloro - ciclisti compresi - che fruiscono della strada, non è infrequente assistere tutt'ora da parte di chi ha l'onore e l'onere di Amministrare la Giustizia ad una benevola INTERPRETAZIONE della legge che si risolve, alla fin fine, proprio in una forma di denegata GIUSTIZIA.
Ricordo, a me stesso prima che ad altri, alcune formulette, datate ma illuminanti, che ancora - più o meno credibilmente ed efficacemente - hanno a che fare con la Legge: LA LEGGE E' AMMINISTRATA IN NOME DEL POPOLO, LA LEGGE E' UGUALE PER TUTTI, DURA LEX SED LEX. Latinorum a parte, vi è a fare da contraltare a tanta saggezza, peraltro contaminata dai tempi, una frase attribuita ad un altero politico piemontese di qualche secolo fa: "Le leggi si interpretano per gli amici e si applicano ai nemici". Temo che, alla fine della giostra, proprio questo sia il pericolo: che si finisca, magari inconsapevolmente, a ritenere che la SICUREZZA dei CICLISTI, pur idealmente sacrosanta, all'atto pratico debba far di conto con dei SE, MA, PERO', così contribuendo all'ennesima creazione di FIGLI e FIGLIASTRI. Con buona pace anche della certezza e... Sicurezza della Giustizia.
Cordialmente.