Nel mondo del lavoro come nella vita quotidiana si tende a confondere il ruolo di leader con quello di capo. Alberto Condador, che nella sua carriera ha ricoperto entrambi i ruoli, ci svela come un leader gestisce le dinamiche di gruppo.
«Nella mia carriera ho cambiato alcune squadre. Tutti si meravigliavano del fatto che giù dalla bici fossi una persona assolutamente normale. Non bisogna mai dimenticare che il team è composto da esseri umani. Nel mio percorso di ciclista ho avuto anni con squadre facoltose, che potevano ingaggiare grandi gregari, alternati da altre stagioni con meno risorse. Io sapevo che dovevo essere carino con i compagni, perché poi avrebbero lavorato per me. In particolare negli anni meno ricchi, quando non c’erano molti soldi, dovevo impostare un lavoro meticoloso e pretendere il 100% dai miei uomini. Dal mese di novembre ero in contatto con i 15 possibili convocati al Tour de France. Conosco tutt’ora i nomi di figli e mogli dei miei compagni, i problemi personali e molte altre storie. Sapevo che così facendo avrebbero lottato in maniera incredibile per me. Un team da 6 sapeva arrivare a 10 e quando è venuta la vittoria tutti hanno capito che quella era la loro vittoria».
Il Pistolero durante questo racconto si emoziona ancora e gli occhi si inumidiscono per la commozione. «Il tratto umano è fondamentale. Molti non si occupano di questi dettagli e questo è un vantaggio per chi se ne cura».
Infine aggiunge: «Il ciclismo è una passione e quando mi dicono che è duro, fatico a convincermene. Per me sarebbe più difficile andare ogni giorno nel centro di Madrid per 8 ore di lavoro. L’importante è avere una sfida quotidiana da affrontare con motivazione. Per questo ho avuto una carriera lunga e densa di emozioni».